Shadow DN9B

Il qui presente testo è parziale, in attesa di completamento.

Forte dell’esperienza maturata nel Team Lotus, Tony Southgate, già progettista di Stanley all’inizio degli anni settanta, torna alla corte di Don Nichols nell’agosto del 1977. Prima di divenire un transfuga, ha il tempo di dare vita a un’altra Shadow, la DN9, impiegata nel 1978. Dopo che Jackie Oliver porta in dote alla Arrows varie risorse umane e materiali, tra cui disegni e disegnatore, quest’ultimo una vecchia conoscenza del londinese risalente all’epoca della comune esperienza nella BRM, inizia per la scuderia nordamericana la fase crepuscolare della propria esistenza. Tra le note positive di questo periodo, viene ingaggiato un disincantato Jo Ramirez, inappagato dai modesti risultati della Copersucar, nelle vesti di direttore di squadra. A rimpiazzare Southgate, viene chiamato John Baldwin, già al servizio di Chapman e di “Parnelli”. Il risultato è la creazione di due telai per Stuck e Regazzoni, approntati in vista dell’International Trophy. Un terzo verrà ceduto nel corso della stagione alla Interscope Racing di Danny Ongais, stella delle competizioni USAC.

Nel corso della stagione 1978, alla Shadow niente va per il verso giusto, se non vincere la causa intentata contro la Arrows. Tra le note negative, sicuramente, si annovera l’ampio utilizzo di nuove monoscocche a causa dei numerosi incidenti in cui i piloti sono coinvolti. Il primo di essi ha per protagonista il secondo telaio della DN9, proprio in occasione del relativo debutto, la gara fuori campionato cui si è accennato. Dopo un testacoda nel giro iniziale, Regazzoni parcheggia la macchina a bordo pista, ma più in là, essa è centrata in pieno dalla Lotus 79 di Andretti. La storia del telaio termina qui. A Montecarlo, lo svizzero è al volante del quarto telaio, nuovo di zecca ma non baciato benevolmente dalla sorte. In una sessione di prove, il ticinese lo stampa sulle barriere protettive, apparentemente in modo lieve. La monoscocca viene completamente rivisitata in vista del gran premio belga, e, nel proseguio dell’annata, alla vigilia della gara olandese, verrà nuovamente ricostruita dalle fondamenta. Ancora, dopo l’appuntamento monzese, subirà ulteriori interventi invasivi. Molte fonti preferiscono continuare a denominarla DN9/4. Nonostante l’elevato numero di peripizie cui essa è andata incontro, le quali potrebbero indurre a pensare che, in realtà, siano state costruite altre scocche, si deve accettare la contraria ipotesi, valendo la considerazione della cronica mancanza di liquidità da investire in progetti eccessivamente onerosi. Quindi, si accetti la tesi per cui il telaio fu modificato radicalmente ma mai sostituito a seguito degli sfortunati inconvenienti. Più lineare è stato il corso esistenziale del primo e del quinto telaio. La Shadow DN9/1, dapprima, è affidata a Stuck e, soltanto verso la fine del 1978, trova un impiego nelle mani di Clay. L’altra, nasce come vettura di riserva in estate, trovando un utilizzo con il contagocce, per diventare, infine, il mezzo con cui il bavarese gareggia con regolarità.

Quanto alla stagione 1979, abbandonato Nichols al suo destino, Baldwin si rifugia da Teddy Mayer e da Tyler Alexander, trovando lavoro in una tentennante McLaren. Richard Owen, già collega di Southgate ai tempi di Siffert e Rodriguez, viene promosso, e a lui si affianca John Gentry, dal recente passato nella tedesca ATS. Tornato utile riciclare qualche pezzo della Arrows smontata dopo le le liti giudiziarie, la Shadow allarga la carreggiata, lima la carenatura della ‘proboscide’, modifica le sospensioni posteriori lievemente senza discostarsi dalla soluzione che la accomuna alla Arrows, almeno fino a metà stagione, leviga i fianchi e sistema le minigonne. Per quanto riguarda il profilo alare posteriore, ci si conforma alla scuola di pensiero incline a inserire un pilastro centrale di supporto, la cui base si innesta o sulla scatola del cambio o su una intelaiatura all’altezza del punto di incontro degli organi della trasmissione al retrotreno. Liberatosi dalla Everest di Minardi nella Formula Due, nel dicembre del 1978 il futuro di De Angelis appare ancora nebuloso. Un abboccamento ottobrino con Tyrrell sfocia in una causa, vinta, però, ancora nel gennaio 1979 le porte della Formula Uno appaiono per lui chiuse, tanto che nella lista presentata dalla Shadow a inizio campionato 1979 il suo nome non appare. In più, l’iscrizione dell’italiano fra i partecipanti al gran premio dell’Argentina viene sottovalutata, in quanto Elio viene considerato un mero rimpiazzo temporaneo, data la convalescenza di Ongais, dovuta all’operazione di questi al gomito. Nonostante il romano sia ‘squattrinato’ rispetto a Jan Lammers, il suo contratto ‘a termine’, della durata di una manciata di gare, viene presto rinnovato e prolungato.

Il precedente salto indietro nel tempo è utile a comprendere le linee di evoluzione della DN9. Le vetture del 1978 sono, di norma, individuate con una sigla comprendente l’uso della lettera “A”, seguente la cifra indicante il telaio. Differentemente, quelle di Elio De Angelis e di Jan Lammers sono designate attraverso l’uso della lettera “B”, a volere indicare che le seconde siano state un’evoluzione delle precedenti. Non è possibile indicare con precisione assoluta quale contorta linea abbia seguito lo sviluppo progettistico, ma possiamo, genericamente, proporre, o meglio, supporre queste relazioni: la DN9/1A diventa, nel 1979, la DN9/1B; la DN9/4A diviene la DN9/2B, e la DN9/5A si trasforma nella DN9/3B. A mutare, in definitiva, non è soltanto la lettera dell’alfabeto. Soprattutto, si noti come siano state escluse da queste considerazioni la DN9/2A, alla cui non preventivata fine si è accennato, e la DN9/3A dell’hawaiano Danny Ongais, la quale non riesce mai, in due gran premi, a schierarsi sulla griglia di partenza. Presumibilmente, e qui mi riservo di operare controlli più approfonditi, essa fu venduta e non semplicemente concessa in locazione, visto che non ho, per ora, notizie in merito al fatto che fosse tornata nella disponibilità della Shadow in un secondo momento.

In Borgogna, a Digione, Elio De Angelis ha a sua disposizione l’inedita DN9/4B, la quale, da quel momento in poi, viene sempre trasportata sulla scena delle competizioni. Molto spesso le mansioni riservatele sono quelle di macchina di riserva, e spesso non è nemmeno impiegata. Al termine della stagione, incomincia a fruirne Lammers. Grazie a essa, l’olandese ottiene il proprio migliore risultato stagionale, in Canada.

Con la DN9/1B, il romano affronta l’intera stagione invernale e primaverile, compresa la Race of Champions e la gara del personale debutto in assoluto. In Sudamerica e a Brands Hatch, è usata pure in gara. Assegnata a Lammers da Monaco in poi, trova un impiego molto limitato. Elio torna a gestirla da Monza fino alla fine della stagione, raggiungendo un quarto posto a Watkins Glen, in virtù di una condotta di gara astuta e accorta. Gabbiani avrebbe dovuto usarla nell’appuntamento fuori campionato imolese.

La DN9/2B è monopolizzata dal giovane compagno di scuderia olandese, campione uscente della Formula Tre. Per curiosità, essa viene settorialmente ricostruita, utilizzando alcune superstititi parti della Arrows FA1, la cui disponibilità nelle mani di Nichols è assicurata a cagione delle intimazioni, risalenti al luglio 1978 e promananti dagli organi di giustizia.

Della DN9/3B, invece, Elio fa continuativamente uso, sin dall’esordio in Argentina. Se si eccettua la parentesi a Interlagos e nell’appuntamento iridato di Silverstone, si può dire che sia stata la vettura su cui l’italiano abbia fatto maggiore affidamento. Anch’essa subisce ingenti manipolazioni: possiamo individuare, almeno, due momenti in cui la monoscocca sia stata alterata in modo ragguardevole.

Dal gran premio estivo disputato in Francia, una sola fonte, Grand Prix international, inserisce fra i telai di riserva disponibili anche una fantomatica DN9/5B: con ogni probabilità, deve trattarsi del primo telaio ammodernato.

Secondo le volontà di inizio stagione, si vorrebbe far debuttare una inedita vettura “ala” (wing-car) verso metà campionato. A ciò osta la insormontabile difficoltà di reperire i finanziamenti necessari. Già, prima della gara del Sudafrica, sponsorizzata dalle patatine fritte Simba, celebri in tutto il paese, l’idea è accantonata. Prima dell’arrivo in Europa e alla vigilia della gara di Jarama, prende corpo la notizia che il progettista statunitense Trevor Harris, famoso per le sue originali Shadow della Can-Am, sia al lavoro per una vettura, non dissimile dalla DN9, in vista della stagione successiva. Si ipotizza che alcune parti di essa possano essere saggiate sul campo da De Angelis e Lammers nell’ottica di un triplice apprendistato. Tant’è che frequenta spesso i fine settimana di gara, e non è peregrina l’ipotesi che alcune delle poche variazioni sulla vettura del 1979 possano essere nate dal suo estro. La stagione di De Angelis, guardando alle nude statistiche sembrerebbe essersi dipanata sotto una luce chiaroscura. C’è da dire che la fama di tempestuoso o temerario, che ogni tanto affiora fra le parole usate, in virtù di alcuni tamponamenti a bordo pista, è preceduta e superata da sorprendenti giudizi, concordi, da parte tanto della stampa italiana quanto, soprattutto, di quella anglofona, che, in teoria, dovrebbe essere più staccata e imparziale. Tutti ne apprezzano la giudiziosità di carattere, la costanza nella condotta di gara fino a dove essa si arresta, di volta in volta. Valutandone il modo di condurre il mezzo, i giornalisti accompagnano spesso i loro commenti con parole di lode quali ‘encomiabile’, ‘regolare’, ‘talentuoso’. Nel giudicare i risultati positivi, raggiunte a traguardo posizioni ragguardevoli, si insiste sul loro essere meritori, senza mai prestare il fianco a dubbi ambigui, o instillare nel lettore il pensiero di un qualsivoglia evento fortunoso. In questa stagione, il casco di De Angelis è sponsorizzato dai prodotti derivati dal tabacco, commercializzati dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (Messis Summa), dagli elettrodomestici Smeg di Guastalla e dalla Guida Monaci. Cambiando colore dal turchese al bianco dopo Buenos Aires, anche la tuta del romano si impreziosisce di loghi con l’andare del tempo (Parmalat su tutti), sebbene l’italiano, nella parte centrale di stagione, non mieta successi.

ll 1980 sarà il canto del cigno della Shadow. Lasciata in imbarazzanti difficoltà economiche, tenterà una effimera fusione con la Theodore Racing, la quale erediterà tutti i telai, eccetto la DN9/3B , previamente venduta a David Purley.

Testo © eliodeangelis11.wordpress.com

"He drove racing cars with the same natural fluidity, feel and precision as he played classical music on the piano …"