“Malibu Grand Prix: De Angelis on Pole” — Grand Prix international n.4/1979

L’articolo si riferisce a una sfida agonistica fra l’italiano, l’irlandese e il brasiliano, all’interno di uno degli autodromi californiani in miniatura appartenenti alla catena imprenditoriale ‘Malibu Grand Prix’ disputata con delle monoposto dalle dimensioni contenute che, a grandi linee, riproducevano visivamente le fattezze delle macchine in uso nel campionato USAC di quel periodo storico. Il diversivo ludico ebbe luogo nei giorni immediatamente antecedenti al Gran premio degli USA Ovest 1979, l’evento che chiudeva la trasferta americana di inizio stagione, consistente nelle tappe di Buenos Aires, di San Paolo e di Long Beach. Derek Daly, papà di Conor Daly, attuale pilota della Indycar, all’epoca dei fatti descritti correva per la Ensign, e nel corso di quella stagione venne chiamato a rimpiazzare il degente Jarier alla Tyrrell. Dei tre giovani protagonisti citati, il ventiseienne era quello con la maggiore anzianità di servizio, avendo debuttato in Formula Uno esattamente un anno prima. Il volenteroso Nelson Piquet, dopo un periodo di rodaggio con altre scuderie, era approdato alla corte di Ecclestone in sordina. Quell’anno su una Brabham opaca che si dimenava tra le difficoltà, i progetti sbagliati e gli screzi con la Parmalat e l’Alfa Romeo, venne alla ribalta nelle cronache, a sorpresa, per la caparbietà e la capacità di mettersi in luce. In una delle fotografie sotto, il brasiliano mostra sulla maglietta l’effigie di Gunnar Nilsson, il corridore repentinamente deceduto a causa di un cancro alla fine del 1978: la fondazione per la ricerca contro la lotta ai tumori, la quale prendeva il suo nome, venne finanziata con lodevole trasporto e spontaneità in quegli anni attraverso iniziative diversificate. La traduzione in italiano dell’articolo, a cura di questo sito, segue l’originale testo in lingua inglese.

Four wheels, a steering wheel and a circuit are always good news to a racing driver. Even before the actual Grand Prix at Long Beach had started, Derek Daly and Elio De Angelis were racing one another, but in little single seaters powered by rotary engines. Their duel became three-cornered when Nelson Piquet joined in. It was the Malibu Grand Prix.

“A little car on a circuit? You want me to drive? I’ll come along!”.

As soon as Elio De Angelis heard Derek Daly’s reply to the invitation to race the little single seater, his eyes lit up. When it comes to driving and a bit of speed, he’s interested. So, as Derek, his 1978 Formula Two teammate was going to the Malibu Grand Prix, why not go along too.

“Malibu Grand Prix” behind this slightly puzzling name lies a series of twisty American circuits (20 in all) on which anyone can drive these little cars. They’re certainly not Formula One cars, but the engines are powerful enough to make the cars fun to drive. Their Wankel rotary engines can push the cars up to about 55mph, but not on this twisty circuit. Narrower than a kart track, the home of the Maliby Grand Prix comprised an endless series of corners. It really was a Mickey Mouse circuit, but nevertheless fast enough to spin on.

Only Derek Daly had the foresight to bring his helmet. Elio had to wear a plain, anonymous version. Unused to having to wait their turn to drive a single-seater, they immediately put on their helmets, but the cars were in the use, and they had to wait. Instead, they had time to study the circuit, and soon were roaring with laughter watching those on the track.

“Is that it? It’s our turn?” Derek got into the first car, not without some discomfort. The top half of his body stuck out above the bodywork, and his knees were almost touching the steering wheel. The man in charge explained the workings and controls of the single-seater. Behind his full-face helmet, you could see Derek grinning, half-astonished, half-amused. In any case, he was going to enjoy himself.

First lap, turning, turning, turning is there nothing but corners on this bloody circuit? Scarcely realising it Derek did his laps and when he pulled off he was shaking with laughter.

Meanwhile Elio got into another car. It was only a bit of a fun, but a good way to level old Formula Two scores with Derek. And he did have a little experience with such cars he’d raced karts for three years.

He was really looking forward to this. Neither driver had driven anything like it before, but they were really trying. After four laps, Elio came in to enquire about his lap times. He looked at a little card held out to him. Best lap: 52”09. Derek, standing behind him, asked to have a look too. He hadn’t been keeping abreast of the situation but Oh! what a face. Elio had beaten him by half a second. “The car wasn’t any good” he complained. “I’m going to try another one”.

Elio’s best time was 51”78 when Derek changed cars. “It’s a lot of fun” said the Irishman before setting off again. Sideways, over the kerbs, Derek was really trying to shave off the tenths of seconds. His girlfriend, watching from the side of the track, and about to have a go herself, kept laughing at her man’s efforts. “He’s trying hard” observed Elio who had finished his set of laps. “He’s going to beat me”. But no, he didn’t beat him, the Italian was still the quicker, getting down to 51”54. Derek set 52”18, finally giving up trying to set a quick time and just enjoying himself trying to find the quickest car.

And who should they see arriving an hour after them but their old Formula Three rival and now Formula One driver Nelson Piquet. He’d come along with Brabham designer Gordon Murray and some of the mechanics. After seeing Elio’s times, Nelson went out and did 25 laps, getting close to Elio’s fastest time with a time of 51”69.

After their sessions, they had a long discussion about their cars and the driving technicques necessary to go really quickly. They’d certainly enjoyed driving the little cars. Then they watched the lap record holder (50”5) on the circuit. He’d been driving on the circuit for four years. “If you drove around a whole day, you’d still be quicker than me” said Derek modestly “In fact which car are you driving at Long Beach? What number?” Derek had found himself a fan.

So to Elio went fastest lap “And it will be the same story in the real thing next year” he said “That’s a promise”.


Quattro ruote, un volante e un circuito sono sempre argomenti invitanti per un pilota. Anche prima che il Gran premio di Long Beach avesse inizio, Derek Daly ed Elio De Angelis erano stati intenti a sfidarsi uno contro l’altro, ma su monoposto in miniatura, fornite di motori rotativi. Il loro duello si era allargato quando Nelson Piquet aveva deciso di prendere parte al divertimento. Eccovi servito il “Gran premio di Malibù”.

“Come? Una macchinetta su un tracciato? Vuoi sfidarmi? Arrivo!”

Uno scintillio rifulgeva dagli occhi di Elio De Angelis nel momento in cui riceveva la risposta di Derek Daly all’invito a correre con le piccole monoposto. Quando gli argomenti sono mettere in opera le capacità di guida e un po’ di velocità, il suo interesse è vivo. Così, quando ha saputo che Derek, il suo compagno di squadra nella stagione di Formula Due nel 1978, si stava recando in quel parco giochi, perché mai rifiutare di recarvisi assieme?

“Malibù Grand Prix”, dietro a questo nome leggermente misterioso si cela una serie di impianti statunitensi, delle piste tortuose (venti, in tutto) sulle quali a chiunque è dato modo di mettersi alla prova con siffatte autovetture. Non saranno di sicuro delle Formula Uno, ma, in compenso, i motori rilasciano una potenza che rende l’esperienza stimolante. I propulsori con disposizione radiale, di marca Wankel, possono spingere tali macchine fino a cinquantacinque miglia orarie, esperienza tuttavia preclusa in questi tracciati lenti. Più stretto di un percorso per i kart, la sede di questo complesso, il “Malibù Grand Prix”, offre una serie infinita di curve. Pare veramente una gincana, lenta ed estenuante, nondimeno veloce abbastanza per non disdegnare di farci un giro.

Soltanto Derek, però, aveva l’accortezza di portarsi il casco. Elio doveva (per propria mancanza) indossarne uno anonimo, senza motivi o disegni. Disabituati ad attendere il proprio turno nel guidare una monoposto, si erano preparati con eccessivo zelo nella tempestica, proprio mentre le macchine venivano adoperate in pista da altri. Così erano stati messi in posizione di dovere aspettare. D’altro canto, avevano avuto il loro bel tempo per studiare il percorso, ed eccoli pronti a sghignazzare alle spalle di coloro intenti alle prese con il tracciato.

“È ora? Il nostro turno è giunto?” Derek si immergeva dentro alla prima vettura, non senza qualche impaccio. La parte alta del suo corpo sporgeva dalla carrozzeria, e le ginocchia dell’irlandese quasi toccavano il volante. Dietro l’elmetto, rigorosamente integrale, potevate ammirare il sorriso enigmatico di Derek, a metà fra l’incredulo e il divertito. A ogni modo, aveva l’aria di star vivendo un’esperienza piacevolmente diversa dal solito.

Primo giro, girare qui, girare là, rigirare così e cosà … ma non c’è nient’altro da fare su questa dannata pista? Senza quasi nemmeno realizzarlo, Derek completava i suoi passaggi, e quando scendeva fuori dalla macchina, si mostrava inorgoglito con riso.

Frattanto, Elio si adagiava in un’altra macchinuccia. Dilettevole, spassoso, leggero quanto volete ma era pur sempre un’occasione di regolare i vecchi conti con Daly, risalenti alla Formula Due. Non dimentichiamo, poi, che aveva macinato esperienza triennale con i similari kart. Insomma, si può dire che avesse dalla sua una sorta di pratica maturata in condizioni non difformi.

Davvero, non vedeva l’ora di mettersi alla prova. Nessuno dei due aveva reale familiarità con queste macchine, ma stavano seriamente tentando di colmare questa lacuna. Dopo quattro tornate, Elio rientrava per avere un’idea dei tempi fatti registrare. Un’occhiata a una schedina porta alla sua attenzione, miglior giro: 52”09. Derek, in piedi dietro di lui, chiedeva il permesso di controllare anche lui. Non si era curato molto di Elio e non era rimasto al passo con i suoi progressi, e … oh! In quale espressione mutava il suo viso! Elio lo aveva battuto di mezzo secondo. “La macchina non era un granché” si lamentava “Ne proverò un’altra”.

Al momento di questo cambio, sulla lista dei tempi Elio era annotato a 51”78. “Vai con il divertimento” proferiva l’irlandese prima di uscire e scatenarsi di nuovo. Di traverso, sui cordoli, Derek stava cercando di scrollarsi di dosso qualche decimo di secondo. La sua fidanzata lo guardava dal bordo della pista e, pronta anch’ella a mettersi in gioco, giudicava i suoi sforzi con ilarità. “È sul pezzo” osservava Elio, che aveva terminato i giri a disposizione. “Sta per avere la meglio su di me”. No, non succedeva, e l’italiano, sceso a 51”54, alla fine dei giochi risultava il migliore. Derek non andava oltre il 52”18, rassegnandosi al desiderio di primeggiare con l’intento di fare un giro veloce. Continuava a girare, aspirando a “sentire” sua la vettura.

E chi dovevano vedere comparire sulla scena un’ora dopo? Nient’altro che il loro rivale all’epoca della Formula Tre, Nelson Piquet, anch’egli, ora, nella massima categoria. Era venuto portandosi dietro Gordon Murray, il progettista della Brabham e qualche meccanico. Dopo aver dato una scorsa ai tempi di Elio, Nelson si metteva all’opera e si impegnava per venticinque giri, avvicinandosi alla migliore prestazione di De Angelis con un 51”69.

Finita la sessione, si mettevano a disquisire lungamente sulle loro vetture e le tecniche di guida necessarie per andare forte. Di sicuro, avevano avuto modo di apprezzare queste minute auto da corsa. Dunque, rivolgevano la loro attenzione curiosa sul detenente il primato in assoluto, 50”5. Era in azione in pista, ed era stato per quattro anni a volteggiare su questo tracciato. “Se dovessi guidare un giorno intero qui, tu saresti ugualmente più rapido di me” ammetteva candidamente Derek “Appunto, che macchina guiderai a Long Beach? Che numero?”, Derek si ritrovava nelle vesti di ammiratore.

E fu così che Elio si impose con il tempo più performante. “E sarà la stessa storia anche il prossimo anno” aggiungeva, “Promesso”.


ANONYMOUS (1979), “Malibu Grand Prix: De Angelis on Pole”, Grand Prix international, Vol. I, n. 4, pp.33-36

ANONIMO, Malibu Grand Prix: De Angelis on Pole , «Grand Prix international», Vol. I, 1979, 4, pp.33-36