Eric Bhat — “Patrese, De Angelis, Giacomelli: The Italian Wave — De Angelis unpopular … currently” – Grand Prix International, n. 12/1979

L’intervista, apparsa in lingua inglese, fa parte di un approfondimento dedicato ai piloti italiani che hanno preso parte alla stagione 1979 della Formula Uno. L’editoriale consta di più articoli, apparsi, in successione, nel medesimo numero della rivista “Grand Prix International”. Quello su Elio de Angelis è il secondo della serie ed è stato diviso in paragrafi. Alcuni di essi recano un titolo. Per contestualizzare lo spirito dell’articolo, si ricorda come negli anni settanta ci fosse stata una grave carenza di piloti italiani a competere nelle “Grandes Épreuves”. Dopo i primi anni della predetta decade, nella quale avevano trovato poco spazio validi piloti come Arturo Merzario e, prima ancora, Andrea De Adamich (talvolta, con licenza elvetica), Nanni Galli e Ignazio Giunti, per molto tempo ai soli Vittorio Brambilla, Lella Lombardi, Renzo Zorzi e al già citato Merzario fu concesso di portare alto l’onore del tricolore. Sporadiche apparizioni toccarono ai meno fortunati Alessandro Pesenti-Rossi, Giorgio Francia, Lamberto Leoni e Alberto Colombo. A tutti questi nomi, si affiancarono, infine, gli stessi Patrese e Giacomelli. Quanto alla “vicenda Tyrrell”, è necessaria una premessa. Da poco salito al vertice della CSI, Jean-Marie Balestre, mostrò una volontà accentratrice in conseguenza dell’eccessiva posizione predominante assunta dall’Associazione dei Costruttori (FOCA): tra i provvedimenti emanati per ridare lustro alla futura FISA – detta FEMSA, in un primo momento, ufficiosamente – volti a dare maggiore lustro alle istituzioni da lui dirette, vi fu l’imposizione della licenza internazionale per la Formula Uno, rilasciata direttamente dal potere sportivo centrale e non più dagli organsmi associativi, decentrati, di diritto nazionale confluenti nella FIA. Il testo qui sotto, riportato dall’inglese, è fedele riproduzione dell’originale compresi gli errori, di battitura o grammaticali. È offerta, a cura del presente sito, una traduzione in lingua italiana, paragrafo dopo paragrafo.

The French have their «Equipe de France», there a new bunch of young Italian drivers who could call themselves «Squadra Italiano». Riccardo Patrese, Elio De Angelis and Bruno Giacomelli are just the tip of the Italian iceberg. There are others to come: Fabi, Gabianni, Stohr, Necchi, Ghinzani, Baldi, Alboreto and more. Meanwhile, the young Italians already in Formula One are serving their apprenticeships. Patrese has nearly completed his, De Angelis has only just started, while Giacomelli needs regular employment. Whatever, none of them lack talent nor temperament.

Se i francesi posseggono la loro «Équipe de France», al contempo, esiste un nuovo manipolo di giovani piloti di nazionalità italiana che potrebbe appellarsi «Squadra italiana». Riccardo Patrese, Elio De Angelis e Bruno Giacomelli sono soltanto la punta dell’iceberg di questa ondata italica. Ce ne sono altri in rampa di lancio: Fabi, Gabbiani, Stohr, Necchi, Ghinzani, Baldi, Alboreto e altri ancora. Nel frattempo, le nuove leve italiane già presenti in Formula Uno stanno facendo apprendistato. Patrese lo ha già quasi completato, De Angelis ha appena cominciato e Giacomelli abbisogna di un impiego a tempo pieno. A ogni modo, nessuno di loro difetta di talento o di temperamento.

[omissis]


It was a gorgeous day in Sardinia on August 15. But Elio De Angelis didn’t care. He took no notice of the swimming pool he was lying beside, nor the offshore powerboat anchored nearby, nor the Mediterranean, nor anyone for that matter. He was wrapped up in his own little world. He was reading.

It was two days after the Austrian Grand Prix and the Italian newspapers were full of the race, some of them giving over whole pages to reports. Elio read from one to the next without frowning. After a few minutes, he looked up and made a face. «Incredible,» he said «in all the papers that I’ve just read, there are just four lines about me in one Rome daily. I sometimes ask myself what I’ve done to journalists for them not to like me.»

That’s Elio De Angelis’s problem, he’s not popular as he would like to be. Nature has given him everything: intelligence, wealth, good health. But there’s one thing lacking currently which upsets him. In spite of what he’s done, he’s not respected. Elio reckons that his efforts and worth aren’t appreciated. Instead of congratulating him and encouraging him, people tend to talk vaguely about what he’s doing, as though he hasn’t really accomplished anything.

How did Elio De Angelis get into Formula One? One often hears the following explanation: «His father bought him three different types of Formula Three car so that he’d always have the best. And he always had a spare, so he wouldn’t worry about crashing a car. He didn’t do much in Formula Two in 1978. And he’s in Formula One because he bought his drive.»

Elio owes a lot to his father, who helped and encouraged him through the lesser Formulae, in fact from his karting days Mr. De Angelis himself still races Class One powerboats, but comes along to a number of Grands Prix. Curiously, he encourages his olders son, but doesn’t want his younger son Roberto, already a good kartist, to take up full-time racing.

«It’s true, I’m rich, very rich,» expounds Elio «or at least, my family is rich. But that’s not exactly my fault. I think that I’ve proved that I can drive quickly. It’s not money that makes me drive quickly. It’s been useful, certainly, I wouldn’t deny it. But my current position in Formuna One has nothing to do with money. I’ve signed a contract with Don Nichols on my own merit.»

So why does he think that he’s unpopular? Is De Angelis, from Rome, a victim of the traditional North-South discrimination which has been going on in Italy for years, even in the press? That’s one of his theories. It’s hard to believe. There are certainly more profound reasons.

One could reproach him for the occasional lack of honesty. «Yes,» says Elio with a smile or irony «I know what that dates from. In Belgium, my brakes were fading, I went off the track after crashing into Giacomelli. I explained to people that I didn’t have any brakes, but the photographs afterwards showed my tyres smoking and black marks on the road, which could prove that my brakes were still working. But that doesn’t mean anything. You arrive at the chicane very quickly. Perhaps my wheels locked up, but at the end of the braking area, and that was too late. I couldn’t avoid the accident. And an accident between two Italian drivers, well, that’s a big story, someone has to be to blame.»


Quella di Ferragosto era stata una splendida giornata in Sardegna. A Elio de Angelis questo, però, non premeva. Non gli stava a cuore la piscina accanto alla quale stava coricato, né il motoscafo da corsa ancorato lì nei pressi, e neppure il Mediterraneo o altro, per quel che potessero valere. Rintanato nelle sue anguste fantasie, era intento a leggere.

Erano appena passati due giorni dal gran premio austriaco, e i quotidiani italiani erano pieni dei resoconti della gara, alcuni di essi dedicando intere pagine all’esposizione degli eventi. Elio passava dall’uno all’altro con sguardo corrucciato. Dopo qualche minuto, aveva alzato lo sguardo e fatto un’espressione. «È incredibile» aveva esordito «in tutti i giornali che ho appena letto, ci sono appena quattro righe su di me in una testata romana. Delle volte mi chiedo cosa abbia mai fatto ai giornalisti per risultare loro antipatico.»

Questo è lo sdegno di Elio de Angelis, non godere del giusto grado di popolarità che aspetta di ricevere. La natura gli ha concesso ogni prosperità: intelligenza, benessere e salute. Qualcosa di cui difetta, tuttavia, lo rattrista. A dispetto di ciò che sia riuscito a ottenere, non ottiene il rispetto. Elio riconosce che i suoi sforzi e il suo valore non ricevano meritevole considerazione. Invece di congratularsi con lui e incoraggiarlo, la gente tende a sottacere cosa stia facendo, come se non abbia conseguito alcunché.

Come è giunto in Formula Uno Elio De Angelis? Si sente sempre la stessa storiella: «Suo padre gli ha comperato tre diversi tipi di vettura da Formula Tre, così da potere avere sempre a disposizione il meglio. Non ha combinato molto nella Formula Due nel 1978, e si trova in Formula Uno in qualità di pilota pagante.»

Elio deve molto a suo padre, colui che lo ha aiutato e incoraggiato attraverso tutto il cammino nelle formule minori. In realtà, sin da quando (ndr Elio) si stava cimentavando con i kart, il signor De Angelis stesso ancora era impegnato nelle corse della motonautica della prima classe, e trovava il tempo di accompagnarlo a un certo numero di appuntamenti. Curiosamente, incoraggiava suo figlio maggiore ma non voleva che il minore, Roberto, già kartista di discreto livello, si impegnasse a tempo pieno negli sport motoristici.

«È la verità, sono ricco e molto,» ci illustra Elio «o almeno, è la mia famiglia a esserlo. Di sicuro, non è un mio peccato. Penso di avere dato la prova di poter essere un corridore gagliardo . Non sono i soldi a farti andare più veloce. Sono risultati utili, certo, non mi trovo nella posizione per negarlo. Quella mia attuale è in Formula Uno, e non ha nulla a che vedere con il denaro. Ho firmato un contratto con Don Nichols grazie ai miei pregi.»

Allora, perché mai pensa di essere impopolare? Lui è De Angelis, originario di Roma, una vittima dell’abituale discriminazione da parte dell’Italia settentrionale verso le zone meridionali, una storia che va avanti da anni, ma anche avvalorata dal modo di operare della stampa?

Lo si potrebbe ammonire per l’accidentale mancanza di onestà. «Sì,» afferma Elio con un sorriso o con sarcasmo «so da quando questa storia va avanti. In Belgio, i miei freni si stavano consumando. Sono uscito di pista dopo avere tamponato Giacomelli. Alla gente io ho dato la spiegazione di non avere avuto la possibilità di frenare, ma i fotografi, in seguito, hanno ritratto i miei pneumatici mentre fumavano e l’asfalto macchiato da strisce, a voler dimostrare che il mio impianto frenante fosse ancora funzionante. Questo, tuttavia, non significa nulla. Si arriva alla chicane a velocità sostenuta. Probabilmente, ho subito un bloccaggio delle ruote, ma alla fine della zona di frenata, ed era troppo tardi per rimediare. Non ho potuto evitare il contatto. Un infortunio fra due italiani, ahimé, è una notizia in mezzo alla quale sguazzare, su qualcuno si deve addossare l’impuzione di responsabilità.»


ACCIDENTS … NORMAL

De Angelis is naturally rather cold and distant, and together with his priviliged social position, may count against him in his relationship with the people within the Formula One circus. Or perhaps jealously has something to do with the way people regard him. Perhaps the way this young man (21) has got into Formula One makes people irritable as much as it makes them dream.

But the cynics are making the most of it currently. «De Angelis crashes a lot, too much,» the say earnestly. But they don’t take into account his more meritous performances with scarcely competitive machinery from which he wrings the best. «Spins are normal when one is a young driver,» explains Elio «when Gilles Villeneuve started, he had possibly more accidents than me, and worse, he was driving competitive machinery. But now Villeneuve is Villeneuve.»

So Elio De Angelis is having his first year, eventful perhaps, but always promising, in the Shadow team. He certainly hasn’t the best equipment with the overweight and dated DN9. «I’m getting used to coping with problems,» he says «last year the DN9 didn’t have a very good season. Stuck and Regazzoni sometimes had a hard time to qualify. I knew before I’d even driven the car that I would only to be able to gain experience, and possibly get one or two good results eventually with some luck. But I didn’t have any choice. It was my only chance of getting into Formula One last winter, and I didn’t want to miss the opportunity.»

Was the drive with Shadow a promotion? It was really a lifebelt for him which he hung onto after trying for much better drives. His hopes had been much higher. During the preceding months, he’d successively seen his hopes of going to Ferrari, Brabham and Tyrrell dashed. They were three top teams with whom he’d been in discussion, but the deal was never finally made. At the last moment, something upset each deal.

Ferrari! «That didn’t come about even before the end of last season,» he says with a sad look in his eyes. «I drove a Formula Two Ferrari-powered Chevron. I was summoned to Fiorani to drive the 312T3. I was fast enough, very close to the lap record at the time. I was led to think that I just might drive the car in Formula One, although it was very vague. At the same time, in Formula Two, things weren’t going too well. It wasn’t that the engine wasn’t as powerful as the others, but that we didn’t have everything going for us. Goodyear didn’t like us that much because Ferrari were using Michelin tyres in Formula One. I never had qualifiers in Formula Two. Furthermore, I felt that someone high up at Ferrari wasn’t putting the development into Formula Two. Halfway through the season, I could see that my chances of getting into Ferrari and Formula One were evaporating. So I asked them: should I think of myself as a Ferrari driver, or something else? They replied that the latter would be suitable. So I decided to leave.»

INCIDENTI … LA NORMALITÀ

De Angelis è, per natura, abbastanza pacato e distaccato, e ciò, assieme alla sua posizione sociale privilegiata, può giocare a suo sfavore nelle relazioni interpersonali all’interno dell’ambiente della Formula Uno. O, forse, il sentimento di invidia ha qualcosa a che vedere con il modo in cui le persone lo giudicano. Oppure, il modo in cui questo giovane ragazzo (ventun anni) sia approdato in Formula Uno spazientisce le persone, tanto quanto le faccia sognare.

Al momento, i cinici si stanno crogiolando a non finire. «De Angelis è incline a fare incidenti, ne fa troppi» ribadiscono con entusiasmo, a rafforzare le loro tesi. Nondimeno, non prendono in considerazione le sue ragguardevoli prestazioni con mezzi meccanici dalla dubbia competitività, da cui spreme il meglio. «I testacoda sono la norma quando si è inesperti,» precisa Elio «quando Gilles Villeneuve era agli inizi, ebbe, credo, pure più imprevisti agonistici di quanti ne abbia avuti io, per giunta peggiori, e aveva a disposizioni vetture di tutto rispetto. Mentre, ora, Villeneuve è Villeneuve, si è fatto un nome.»

Quindi, Elio De Angelis sta disputando la sua prima stagione nella Shadow, movimentata si può dire, ma pur sempre promettente. Di sicuro, non dispone di un impeccabile equipaggiamento, dato che la DN9 è ingombrante e datata. «Sto facendo il callo ai contrattempi,» ci spiega «lo scorso anno la DN9 non ha attraversato una stagione ottimale. Stuck e Regazzoni, delle volte, avevano difficoltà a qualificarsi. Prima di guidare la vettura, avevo cognizione della situazione in essere, cioé che avrei avuto la possibilità solo di accumulare esperienza, e possibilmente, agguantare uno o due buoni risultati grazie a congiunture favorevoli. Non mi restava altra strada da percorrere. Lo scorso inverno, si è mostrata la mia unica occasione di debuttare in Formula Uno e non me la volevo fare sfuggire.»

Ottenere il volante di una Shadow è stata una promozione? A dire il vero, per lui si è trattato di un salvagente, a cui si è aggrappato dopo avere provato ad aspirare a un impiego in scuderie migliori. Le sue speranze erano riposte molto più in alto. Durante i mesi precedenti, ha assistito al polverizzarsi del suo ottimismo in ordine al potere raggiungere, in successione, la Ferrari, la Brabham e la Tyrrell. Si trattava di tre squadre di altissima caratura con cui ha intavolato trattative, ma l’accordo finale non è stato mai raggiunto. All’ultimo momento, c’era sempre un impedimento insormontabile.

Ferrari! (Che pensieri questo nome è capace di evocare in te?) «L’opportunità sorse quando non era neppure terminata la scorsa stagione.» ci ragguaglia, con un’espressione triste negli occhi «Guidavo una Chevron di Formula Due motorizzata Ferrari. Fui convocato a Fiorano per provare la 312T3. Mi dimostrai abbastanza veloce, molto vicino alla migliore prestazione dell’epoca su quella pista. Fui portato a pensare che potessi, appunto, gareggiare con quella macchina in Formula Uno, sebbene le promesse furono connotate da indefinitezza. In quel periodo, in Formula Due, le cose si stavano mettendo per il verso sbagliato. Il problema non risiedeva nel motore, non è che non fosse al pari degli altri, allo stesso tempo non tutto arrideva a nostro favore. La Goodyear non trattava la nostra squadra con molto riguardo, visto che la Ferrari aveva un rapporto collaborativo con la Michelin in Formula Uno. Non riuscivo a qualificarmi. In aggiunta a ciò, avvertivo che qualcuno ai piani alti alla Ferrari non stesse facendo in modo da apportare gli sviluppi di cui necessitavamo in Formula Due. Nel bel mezzo della stagione, mi accorgevo che le mie possibilità di riuscita in seno alla Ferrari e, in genere, in Formula Uno si stessero spegnendo. Così domandai loro: devo ritenermi ancora un vostro pilota, o posso ritenermi libero da vincoli? Replicarono che la seconda ipotesi sarebbe risultata quella ideale. Decisi, così, di lasciarli.»


TYRRELL: A CONTRACT FOR NOTHING

While continuing the Formula Two season in ICI’s Chevron-Hart, Elio at the same time continued his search for a good FormulaOne drive. That’s how he started talking to Brabham and Tyrrell almost at the same time. «I was close to getting a Brabham drive,» says Elio «I was higher up in the list than Piquet. Parmalat wanted an Italian driver. Furthermore, I had Niki Lauda’s support. He came here to Sardinia and told me: you remind me of when I was 20 years old. But I found out after the Italian Grand Prix that they didn’t want me. Reason: not enough experience, Ecclestone told me.» However, the story goes that Parmalat prefered to invest in a Brazilian driver in order to help their South American market.

There was still the Tyrrell deal for De Angelis. And it was all agreed upon, when it came unstuck. «Thanks to Jackie Stewart, I met Ken Tyrrell. Ken offered me a contract for three years. «Have you got an A licence for driving in Formula One,» he asked me. I had the licence and showed it to him. I signed. Champagne, drinks. Everything was fine. He told me I’d be World Champion in 1980. Briefly I believed it myself. I was going to drive a Tyrrell in the last two Grands Prix of the season».

Then everything collapsed. «First of all I received a telex from Tyrrell saying it was impossible to enter a third car at Watkins Glen and Montreal. By the end, Mister Ken told me: «the rules have changed. I’m not certain that your licence will be renewed.» In spite of telex from the President of the Italian Federation confirming that I would have the right licence, Tyrrell wrote to me: «had to take and immediate decision and I wasn’t sure that your licence would be renewed. I’m not doubting your capabilities, I still believe in you and I will follow your progress with interests. That was it, finished.»

To Elio, it was a tragedy. «I was more than disappointed.» he remembers «When you dream of something for years, and that dream just fizzles out at the time it should come true, it’s hard to bear. I was stunned for a month. I was going to have a good car, good tyres, good engines, I was going to work with experienced people. Everything was great in my life, and then it disappeared. It was then that I discovered who were my friends, because a lot of people just didn’t believe me.»

No Tyrrell, no Brabham, no Ferrari: just the bitter aftertaste of hopes dashed. But at least he’d been in close contact with Formula One teams, and that in itself was flattering. «I think I was made offers partially because of my win in the Monaco Formula Three meeting, and partially due to the race at Misano Formula Two the year before. It was my first Formula Two race. I led it in front of drivers like Arnoux and Pironi.»

After bidding for the top drives, Elio lowered his sights a little and offered his services to Don Nichols of Shadow. He signed him at 3,000 dollars for eight races. Danny Ongais was meant to drive in the other races. As everyone knows, negotiations broke down between Nichols and the Hawaiian which allowed De Angelis to go Argentina and take part in his first Grand Prix.

The young Roman drive, a newcomer to the game, was right in there at the start. In the first races he attacked with spirit, in spite of his unfavourable position. It wasn’t surprising, De Angelis had often showed the same sort of attack in the preceding years, even when he was in the reserve Italian ski team.

Formula One didn’t overwhelm him. He put everything into it. His Shadow didn’t always stay on the track, but all the same, he finished third on two occasions. The 3000 dollars were quickly spent, but Don Nichols was encouraged by what he saw. He signed his young protege to a three year personal contract. For Elio it was a personal victory. He’d bought a half drive, and been offered a whole one.

«Don Nichols believes in me strongly,» says Elio «it’s fantastic. Each time I do a good time, he gets ten years younger. When I qualified between the two Ferraris at Silverstone, his face lost a whole 20 years. If he could find the money, he’d build a good car for me, as Williams has built for Jones. But the main problem with the team is lack of money. We don’t do a lot of testing, and our equipment is out of date.»

The future? The say that Alfa-Romeo is interested in his career. But Elio eludes the question. «I’ve still got a two year contract with Shadow.» But they say that if Nichols doesn’t get a good sponsor for next year, he’ll quit Formula One. «That’s a risk, certainly,» admits his driver, «but I hope he’ll find one.»

His youth and attack, in anycase, are in De Angelis’s favour. There’s no reason why he shouldn’t be one of the top drivers in Formula One. But even he worries whether he’ll be a popular champion, that’s for the future. But that’s not important, for when Elio wins, there will only be admirers.

TYRRELL: UN CONTRATTO A VUOTO

Intanto che si trovava impegnato nella stagione di Formula Due con una Chevron-Hart patrocinata dalla ICI, Elio perseverava nella sua personale ricerca di un impiego appagante in Formula. È stato in questo periodo che avviò i contatti con la Brabham e la Tyrell, quasi contemporaneamente. «Fui molto vicino a ottenere il sedile della Brabham,» ci racconta «il nome, nella lista, era anteposto a quello di Piquet. La Parmalat desiderava imporrre un pilota italiano. In aggiunta a ciò, godevo del benestare di Niki Lauda. Lui mi venne a trovare in Sardegna e mi disse: tu mi ricordi come ero io a vent’anni. Però, dopo il gran premio monzese, scoprii come in realtà non stessi in cima ai loro desideri. La ragione era che non mi reputavano abbastanza esperto, così Ecclestone mi disse». Comunque, la storia ebbe questo fine: la Parmalat preferì investire in un corridore brasiliano in modo da avere maggiori sbocchi nel mercato sudamericano.

Per Elio c’era ancora la risorsa dell’intesa con Tyrrell. L’accordo era andato in porto, ma all’improvviso andò tutto a monte. «Conobbi Ken Tyrrell grazie alla mediazione di Jackie Stewart. Ken mi offrì un contratto per tre stagioni. «Possiedi una licenza di grado ‘A’ per guidare in Formula Uno?» mi chiese. La licenza l’avevo e gliela mostrai. Firmai. Champagne, auguri di rito. Tutto era a posto. Mi disse che sarei stato campione del mondo nel 1980. Per un istante, immaginai di esserlo. Avrei guidato una Tyrrell negli ultimi due gran premi della stagione».

Poi, si ebbe un brusco ripensamento. «Prima di tutto, ricevetti un telex da parte di Tyrrell in cui era scritto che sarebbe stato impossibile iscrivere una terza vettura per Watkins Glen e Montreal. Verso la fine, il signor Ken si scusò: “Le regole sono cambiate. Non ho l’assoluta certezza che la tua licenza possa essere rinnovata.” Nonostante un telex proveniente dalla presidenza della Federazione italiana che confermava che avrei avuto la licenza adatta, Tyrrell mi comunicò per iscritto: “Ho dovuto prendere una decisione immediata e non avevo la sicurezza del prossimo rinnovo del provvedimento autorizzatorio. Non sto dubitando delle tue capacità, credo ancora in te e ti assicuro che seguirò i tuoi progressi con interesse.” Questo è quanto, la storia era terminata».

Per Elio si trattava di una tragedia. «Ero deluso oltremisura,» ricorda quegli attimi «quando hai un sogno per anni, e quel desiderio evapora proprio quando sta per realizzarsi, è difficile da sopportare. L’avvilimento durò un mesetto. Avrei avuto a disposizione vettura, gomme e motori di buon livello, avrei lavorato a contatto con persone con esperienza. Tutta stava andando per il meglio nella mia vita, e tutto si eclissò in un successivo momento. Fu allora che compresi chi fossero le persone di cui fidarsi, poiché molti non stavano credendo in me.»

Niente Tyrrell, niente Brabham e nemmeno la Ferrari: è il retrogusto amaro delle speranze tradite. Almeno, aveva avuto l’occasione di stare a stretto contatto con le scuderie di Formula Uno, e questo fatto, in sé, era lusinghiero. «Ritengo che le offerte che mi arrivarono erano parzialmente frutto della mia vittoria a Montecarlo, nella Formula Tre, in parte, poi, erano addebitabili alla gara di Misano, in Formula Due, l’anno precedente. Si trattò della mia prima gara in quella categoria. La condussi e avevo dietro di me piloti del calibro di Arnoux e Pironi.»

Dopo avere ricevuto dichiarazioni di interesse da parte delle scuderie di vertice, Elio abbassò le pretese un po’ e offrì i suoi servigi a Don Nichols della Shadow. Venne stipulato un contratto, ed Elio pagò 3.000 dollari per correre otto gare. Danny Ongais avrebbe corso nei restanti eventi. Come tutti sanno, le trattative fra Nichols e l’hawaiano si arrestarono, e ciò diede la possibilità a Elio di volare in Argentina e prendere parte al suo primo gran premio.

Il giovane romano, quantunque fosse debuttante, fin dall’inizio non si dimostrò un pesce fuor d’acqua. Nelle prime gare, andava all’attacco con spirito di iniziativa, a dispetto della sua posizione sfavorevole. Non era una sorpresa, De Angelis aveva spesso dato mostra di quell’animo battagliero negli anni precedenti, anche quando era riserva nella squadra italiana di motonautica.

La Formula Uno non l’aveva sopraffatto. Ci profuse tutto l’impegno possibile. Non sempre la sua Shadow aveva una tenuta di strada decente, ma Elio terminò lo stesso terzo in due occasioni (ndr asserzione non corrispondente alla realtà dei fatti). Se i tremila dollari furono spesi rapidamente, Don Nichols fu incoraggiato da quel che vide. Prorogò il contratto al giovane protetto, allungandolo fino a tre anni. Per Elio, si trattò di una vittoria personale. Aveva comperato mezza stagione e gliene era stata offerta una intera.

«Don Nichols credeva fortemente in me,» ci assicura Elio «è fantastico. Ogni volta che facevo segnare un buon tempo, ringiovaniva di dieci anni. Quando mi qualificai fra le due Ferrari a Silverstone, il suo viso si rivitalizzò di venti. Se trovasse i finanziamenti adatti, costruirebbe una vettura di buon livello per me, come Williams ha fatto per Jones. Il nostro problema principale è la mancanza di liquidità. Non possiamo collaudare molto la vettura e affinarla, e le nostre forniture sono tecnologicamente superate»

Il futuro? Si dice che l’Alfa-Romeo si sia interessata. Elio elude la domanda. «Ho ancora un contratto che mi lega alla Shadow per altri due anni». Si mormora che se Nichols fallisca nel trovare un buon patrocinatore per la prossima stagione, abbandonerà la categoria. «È un rischio, questo sì,» ammette il suo alfiere, «ma io spero che possa trovarne uno.»

La giovane età e l’intraprendenza, a ogni modo, giocano a favore di De Angelis. Non c’è ragione nel pensare che non debba, un giorno, essere uno dei piloti di punta della Formula Uno. Se anche si interroga, preoccupato, se possa essere mai un campione e godere di popolarità, questo è un problema da procrastinare. Non è questo l’importante, dacché, allorquando Elio inizierà a mietere vittorie, sarà attorniato soltanto da ammiratori.


ERIC BHAT, “Patrese, De Angelis, Giacomelli: The Italian Wave — De Angelis Unpopular … Currently”, Grand Prix international, Vo.I, 1979, no.12, pp.46-47, 51-54

ERIC BHAT, Patrese, De Angelis, Giacomelli: L’onda italiana — De Angelis impopolare … per adesso, «Grand Prix international», I, 1979, 12, pp. 46-47, 51-54