Didier Braillon — “Turnaround” — Grand Prix International n.67/1983

L’articolo si riferisce al Gran premio di Gran Bretagna 1983, la corsa che vide la Lotus 94T debuttare con grandi aspettative. La vettura, progettata e costruita in sole cinque settimane, — così si lascia sfuggire Ducarouge — andò incontro a molte noie già nel corso delle prove libere e, dunque, di quelle qualificatorie. Mansell, attardato in griglia di partenza, risolse un problema all’impianto elettrico soltanto grazie al pronto intervento di una piccola impresa fornitrice della Lotus, la quale fece recapitare gli opportuni e desiderati cavi la notte precedente alla gara; de Angelis, subito competitivo, partente quarto dietro a Prost e il più veloce sia nelle prove non cronometrate che la domenica mattina, a mezzogiorno, ebbe riservata sorte amara dopo un nonnulla di tempo dall’inizio della gara: lentamente mossosi dopo il primo assalto all’asfalto, trovatosi settimo dietro a Piquet e superatolo al termine della prima tornata, alla ‘Becketts’ il propulsore Renault diede di fiamma ardente, arrostendosi i turbocompressori. Tre versioni furono concesse circa il triste inconveniente: al momento del ritiro, si pensò al motore guastato; con un’indagine più approfondita, successivamente, si diede la versione del distributore intraversatosi, con nocumento della cinghia di distribuzione, e financo della sincronia del moto degli alberi motore; infine, settimane dopo, si fece avanti la soffiata che Elio avesse, per caso, alla ‘Copse’, toccato qualche levetta nel cruscotto, facendo scaturire fuori un’eccessiva quantità di combustibile. Quanto a Mansell, l’eccezionale corsa, fece sì che la Lotus potesse agganciare, a metà stagione, la Arrows nella classifica costruttori con quattro punti, l’inizio di una agognata risalita. La versione tradotta in lingua italiana, curata dal presente sito, si trova allegata in fondo.

“If Elio’s engine hadn’t blown up on the second lap, he’d have run away. Dammit, Nigel got fourth place with a car that hadn’t done a single straightforward lap in qualifying — and he was nibbling at Tambay at the end. The tyres on his car looked like new at the finish … and Elio had been miles quicker with that compound this morning in the warm-up”. Under his anonymous black shirt and slacks (no tobacco identity here, by agreement), Gérard Ducarouge looked pale and slimmer than we know him. Five weeks of almost inhuman toil had left their inevitable mark on him, but there was no hiding the mixture of pride and disappointment on his face after the finish of the British GP.

Should he have been disappointed when one of his cars had finished fourth, ready (it seemed) to pick off the better of the two Ferraris? Indeed, yes: considering the brilliant impromptu performance of his British team-mate, there was definitely no reason why the unfortunate Elio de Angelis, having started from the second row of the grid, shouldn’t have won convincingly. During qualifying, bugged by an electrical gremlin which two teams of already weary mechanics had chased in vain for two nights and days, Mansell had no option but to stand around idle. It was therefore Elio’s car which had received Ducarouge’s undivided attention. Elio bubbled over with praise for his engineer’s work.

“I was easily the fastest in both of the untimed sessions and the warm-up. It’s incredible when you think that the car’s come straight out of the box: because we were short of time, we haven’t touched any of the settings … rollbars, springs or wings. When I set third fastest time in the first official session on Thursday we didn’t make any changes at all to the car between the two sets of quallies. Normally you make a few tweaks after you’ve used the first set. For us that wasn’t possible, because the car was fitted with brand new brake discs and I was not able to take the car to the limit and find out how it reacted when it was being pushed hard”.

Looking very determined, Elio was surrounded by a crowd of Lotus mechanics whose tired and bloodshot eyes nevertheless showed their delight and enthusiasm. Elio’s own motivation was plainly rekindled, for his association with the team’s new engineer could not have started more auspiciously. It was the transformation of a team which only a bare month ago had seemed to have shed its ability and its motivation. Surely this was one of the most amazing technical turnarounds in the history of our sport.

On race day, under a merciless and untypical sun, the Lotus men prepared their beautiful black and gold car with its Renault engine as if they knew they had a winner. The fuel, especially cooled, was kept until the last moment before being pumped into the tanks. Soaked cloths were placed over the waste-gate as the car was pushed on to the dummy grid and lumps of dry ice were packed around the intercoolers. Even the driver had to be cooled: ice was dropped down his neckband just before the start and his face was sprayed with water as he zipped up the immaculate white Simpson overalls with their red and blue stripes.

As it happened, Elio was eliminated by a cruelly unforeseeable breakdown as his Renault V6 blew up a piston and ruptured its turbos. It didn’t seem possible then that team Lots could still salvage something from this heartbreak. But still there was Nigel Mansell, coming through splendidly from his place at the back of the field and more than making up for his almost complete lack of practice. As the laps mounted up he counted the victims: Johansson, Warwick, Winkelhock and Arnoux successively fell, and at the line he was up to an unbeliavable fourth place. He wasn’t far behind Tambay’s Ferrari, which was in serious trouble with its tyres and losing ground rapidly.

On the line, Ducarouge was waiting: hair sticking wetly to his skull, Mansell fell into the Frenchman’s arms, to the euphoric delight of his team and of the enthusiastic British pressmen. The frustration of the past few months was over, his spirits were plainly revived, for if de Angelis had been the star of practice, here was the unquestionable Man of the Meeting. This, one thinks, looks like being the start of something Big.


“Inversione di rotta”

“Se il motore di Elio non si fosse arreso alla seconda tornata, sarebbe scappato via. Dannazione! Nigel ha conquistato il quarto posto con una macchina che non ha compiuto un singolo giro in qualifica stando dritta — e stava rosicchiando decimi a Tambay alla fine. Le sue gomme sembravano intatte a fine corsa … ed Elio è stato di gran lunga più prestante con quella mescola stamattina nel riscaldamento”. Dietro al suo anonimo completo in polo e pantaloni neri (non recano tracce di rimando al patrocinatore tabaccaio, per accordi intercorsi),

Gérard Ducarouge ci appariva più slavato e slanciato del solito. Le cinque settimane, impiegate in una sfacchinata quasi inumana, hanno impresso sulla sua persona la loro inevitabile impronta, benché non potesse ascondere quel misto di orgoglio e disappunto sul suo viso, al termine del gran premio britannico.

Dovrebbe essere in diritto di alterarsi con una delle proprie vetture giunta quarta, pronta (così pareva) ad agguantare la migliore della coppia Ferrari? Certo, davvero, mettendo in conto l’improvvisata ma brillante prestazione del suo compagno di squadra inglese, non trovammo plausibile ragione per la quale lo sfortunato Elio de Angelis, partito dalla seconda fila, non avesse dovuto ottenere una vittoria convincente. Nelle sessioni di qualifica, infastidito da un grattacapo all’impianto elettrico, che due gruppi di già esausti meccanici avevano rincorso inanemente per due notti e due giorni, Mansell non aveva avuto alternativa allo starsene ozioso. Era stato, or dunque, la macchina di Elio a ricevere le indivise attenzioni da parte di Ducarouge. Dalle labbra di Elio erompono parole d’elogio per il lavorio del proprio ingegnere.

“Ho dimostrato agevolmente di essere il più veloce in entrambe le prove non cronometrate e nel riscaldamento. Lo trovo incredibile se solo si pensi che la vettura fosse scevra di cambiamenti: siccome eravamo a corto di tempo, non abbiamo modificato alcunché … barre di rollio, molle o ali. Allorché ho fatto segnare il terzo miglior giro nella prima qualifica del giovedì, abbiamo continuato la politica di non apportare alterazioni di alcuna sorta alla macchina frammezzo alle due sessioni qualificatorie. In genere, si opera qualche ritocco dopo avere adoperato la serie iniziale di gomme. Quanto a noi, non vi era possibilità di agire in tal modo, dacché la Lotus era fornita di freni a disco nuovi e non sono stato capace di portare la monoposto al limite e scoprirne la reazione quando le componenti venivano sforzate al massimo”.

Dando parvenza di pertinacia ostinata, Elio veniva accerchiato da una folla di meccanici della Lotus, i cui sguardi arrossati e provati nondimeno recavano traccia e del loro entusiasmo e della loro soddisfazione. L’amor proprio di Elio veniva così palesemente rinfocolato, ondeché la sua collaborazione con il nuovo progettista non avrebbe potuto avere più rosei auspici. Ciò segnava il mutamento di una scuderia, la quale, soltanto una misera mesata prima, pareva avere smarrito la propria perspicacia e motivazione. È ben dire trattarsi questa di una delle più esaltanti inversioni di tendenza avutesi nella storia del nostro Sport.

Nel giorno prefissato per la gara, non al riparo da un tristo e inabituale caldo cocente, gli uomini della Lotus apparecchiavano la loro macchina di un nero-oro sgargiante, e assieme il motore Renault, con tutta l’aria di sapere di avere fra le mani un’accoppiata vincente. Il carburante, appositamente raffreddato, veniva serbato fino all’ultimo momento disponibile, prima di essere inoculato nei serbatoi. Canovacci inzuppati venivano adagiati sulla valvola del motore turbocompresso, frattanto che la Lotus veniva spinta verso la griglia, e con delle zolle di ghiaccio essiccato i radiatori venivano cinti, impacchettati. Persino il guidatore doveva ricevere lo stesso trattamento, raffreddato con del ghiaccio calato sul collarino pochi attimi prima della partenza e la sua faccia irrorata con dell’acqua, mentre serrava l’immacolato biancheggiante copricapo Simpson dalle strisce rossoblù.

Come avveniva, Elio veniva messo fuorigioco da una rottura perfidamente imprevista, giacché sul suo Renault V6 si schiantava un pistone, lacerando il turbo. Pareva impossibile per la scuderia Lotus potersi ancora riprendere in qualche modo da questo tuffo al cuore. Epperò c’era ancora Nigel Mansell nei paraggi, il quale spuntava in modo maestoso dal suo posticino in fondo al gruppo, e ciò compensava il suo restare quasi del tutto a digiuno di messa a punto. Con il passare dei giri, conteggiava le vittime mietute: Johansson, Warwick, Winkelhock, e Arnoux dappoi cadeva, e, sulla linea del traguardo, si ritrovava incredibilmente in quarta posizione. Non era tanto lontano dalla Ferrari di Tambay, in seria difficoltà con le gomme, scapitandone il vantaggio di questi a vista d’occhio.

Sul traguardo, Ducarouge era in attesa: i capelli appiccicati madidi al suo capo, Mansell abbandonatosi tra le braccia del francese, di fronte all’euforica gioia della sua squadra e ai gaudenti addetti stampa britannici. La frustrazione degli ultimi mesi trascorsi si era arrestata, i loro animi rinsaviti completamente, perché, per quanto de Angelis fosse stata la luce dei giorni delle qualifiche, qui si aveva a che fare, indubitabilmente, con il ‘Personaggio del giorno’. Tutto ciò, potrebbe pensare qualcuno, ha tutta l’aria di essere l’inizio di un qualcosa di serio.


DIDIER BRAILLON (1983), “Turnaround”, Grand Prix International Vol. V, n. 67, p.31

DIDIER BRAILLON, Turnaround, «Grand Prix International», Vol. V, 1983, 67, p.31