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Cesare Maria Mannucci — “Parla Elio de Angelis. Mondiale? Perché no!” — Autosprint n.29/1984

L’intervista ebbe luogo durante le prove collettive di luglio in Austria. Alcune domande poste dal giornalista sono relative al Gran premio di Dallas 1984 (erroneamente conosciuto come “Gran premio degli Stati Uniti 1984”), disputato nella città texana qualche giorno prima. All’epoca, Elio De Angelis occupava la terza posizione nella classifica generale riservata ai conduttori. Il testo è riportato fedelmente, compreso il grassetto.

ZELTWEG — È terzo in classifica, e anche in Austria è apparso caricato come non mai. Stiamo parlando di Elio De Angelis, che punto su punto, si trova adesso in lotta per il titolo, considerando che i prossimi circuiti sembrano fatti apposta per le caratteristiche tecniche della sua vettura. «Inizialmente forse mi facevo più coraggio da solo a dire che potevo lottare per il campionato del mondo. Ma considerando le prossime piste, credo di poter giocare un ruolo di primo piano. In parte temevo i circuiti cittadini. Se nella trasferta oltre oceano ho realizzato undici punti, con le prossime gare su circuiti veloci, non posso che essere ottimista. Speriamo che la Renault ci segua con la consapevolezza che attualmente il titolo mondiale può venire solamente dalla Lotus. Anche le gomme dovrebbero crearci meno problemi. A Detroit e Dallas ho notato un netto miglioramento».

— Perché la Lotus è la vettura che sfrutta forse meglio le Goodyear?

«Riusciamo a farle funzionare meglio in prova; in gara direi che ci manca ancora qualcosa nell’assetto, ed è proprio questo che stiamo lavorando».

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Didier Braillon — “Turnaround” — Grand Prix International n.67/1983

L’articolo si riferisce al Gran premio di Gran Bretagna 1983, la corsa che vide la Lotus 94T debuttare con grandi aspettative. La vettura, progettata e costruita in sole cinque settimane, — così si lascia sfuggire Ducarouge — andò incontro a molte noie già nel corso delle prove libere e, dunque, di quelle qualificatorie. Mansell, attardato in griglia di partenza, risolse un problema all’impianto elettrico soltanto grazie al pronto intervento di una piccola impresa fornitrice della Lotus, la quale fece recapitare gli opportuni e desiderati cavi la notte precedente alla gara; de Angelis, subito competitivo, partente quarto dietro a Prost e il più veloce sia nelle prove non cronometrate che la domenica mattina, a mezzogiorno, ebbe riservata sorte amara dopo un nonnulla di tempo dall’inizio della gara: lentamente mossosi dopo il primo assalto all’asfalto, trovatosi settimo dietro a Piquet e superatolo al termine della prima tornata, alla ‘Becketts’ il propulsore Renault diede di fiamma ardente, arrostendosi i turbocompressori. Tre versioni furono concesse circa il triste inconveniente: al momento del ritiro, si pensò al motore guastato; con un’indagine più approfondita, successivamente, si diede la versione del distributore intraversatosi, con nocumento della cinghia di distribuzione, e financo della sincronia del moto degli alberi motore; infine, settimane dopo, si fece avanti la soffiata che Elio avesse, per caso, alla ‘Copse’, toccato qualche levetta nel cruscotto, facendo scaturire fuori un’eccessiva quantità di combustibile. Quanto a Mansell, l’eccezionale corsa, fece sì che la Lotus potesse agganciare, a metà stagione, la Arrows nella classifica costruttori con quattro punti, l’inizio di una agognata risalita. La versione tradotta in lingua italiana, curata dal presente sito, si trova allegata in fondo.

“If Elio’s engine hadn’t blown up on the second lap, he’d have run away. Dammit, Nigel got fourth place with a car that hadn’t done a single straightforward lap in qualifying — and he was nibbling at Tambay at the end. The tyres on his car looked like new at the finish … and Elio had been miles quicker with that compound this morning in the warm-up”. Under his anonymous black shirt and slacks (no tobacco identity here, by agreement), Gérard Ducarouge looked pale and slimmer than we know him. Five weeks of almost inhuman toil had left their inevitable mark on him, but there was no hiding the mixture of pride and disappointment on his face after the finish of the British GP.

Should he have been disappointed when one of his cars had finished fourth, ready (it seemed) to pick off the better of the two Ferraris? Indeed, yes: considering the brilliant impromptu performance of his British team-mate, there was definitely no reason why the unfortunate Elio de Angelis, having started from the second row of the grid, shouldn’t have won convincingly. During qualifying, bugged by an electrical gremlin which two teams of already weary mechanics had chased in vain for two nights and days, Mansell had no option but to stand around idle. It was therefore Elio’s car which had received Ducarouge’s undivided attention. Elio bubbled over with praise for his engineer’s work.

“I was easily the fastest in both of the untimed sessions and the warm-up. It’s incredible when you think that the car’s come straight out of the box: because we were short of time, we haven’t touched any of the settings … rollbars, springs or wings. When I set third fastest time in the first official session on Thursday we didn’t make any changes at all to the car between the two sets of quallies. Normally you make a few tweaks after you’ve used the first set. For us that wasn’t possible, because the car was fitted with brand new brake discs and I was not able to take the car to the limit and find out how it reacted when it was being pushed hard”.

Looking very determined, Elio was surrounded by a crowd of Lotus mechanics whose tired and bloodshot eyes nevertheless showed their delight and enthusiasm. Elio’s own motivation was plainly rekindled, for his association with the team’s new engineer could not have started more auspiciously. It was the transformation of a team which only a bare month ago had seemed to have shed its ability and its motivation. Surely this was one of the most amazing technical turnarounds in the history of our sport.

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Keith Botsford — “Nuances” — Grand Prix International n.85/1984

La traduzione in lingua italiana, a cura del presente sito, è stata inserita, nella sua completezza, dopo il testo originario in inglese. In questa lunga intervista Elio de Angelis si lascia andare a diverse riflessioni, inusuali rispetto a quelle che normalmente si leggono quando gli viene data la parola, le quali, in larga parte, riguardano prettamente la carriera. Spesso, Elio divaga, concedendosi riflessioni filosofiche, che si instillano nei meandri dei discorsi prettamente agonistici. Leggiamo, inoltre, quali fossero stati i suoi trascorsi musicali, e, addirittura, quali le future aspirazioni in questo campo. Quanto a Mansell, è vero che il rapporto fra Elio e Nigel si caratterizzò per alcuni anni connotato dalla turbolenza, tuttavia, è anche ben noto che, da un certo momento, non solo le divergenze furono appianate, ma pure le nubi passate si dileguarono del tutto, e sorse un sincero rapporto di stima reciproca, se non di vera amicizia. Ciò è testimoniato da alcuni passaggi dell’autobiografia del pilota inglese a cura di Hilton, oltre che, per esempio, da alcune considerazioni cui Rosberg si è lasciato andare in un’intervista a favore di MotorSport, pubblicata in questo sito. Si ricordi, inoltre, come lo stesso Mansell dedicò la propria vittoria a Spa-Francorchamps, nell’edizione del Gran premio del Belgio 1986, a Elio, all’epoca recentemente scomparso. Nel paragrafo dedicato alla “italianità”, Elio si lascia andare a un commento disilluso, dicendo che “l’Italia non mi ha mai seguito, almeno non nel senso voluto da me”. Si riferisce all’endemica tendenza nostrana — ma non solo — di conculcare l’antagonista di turno, a seconda di quali siano le convenienze e i preconcetti. La traduzione ha presentato alcuni punti “oscuri”, in cui ho dovuto ricorrere a un’intepretazione non pedissequa, prendendomi molte libertà. Tutti i casi sono, comunque, segnalati nel testo. Nel primo frangente, ho tradotto con molta larghezza di vedute, così: “Quanto alle corse in autodromo, poi, viviamo in un’epoca in cui, difficilmente, si possono congiungere questi due diversi modi di concepire le corse”. Mi è oscuro il termine “bridgetime”, e qui riconosco una mia limitatezza, né saprei dire se si tratti di un elemento di un qualche modo di dire anglofono, un idiom. Nel secondo caso, si trova una traduzione aggiuntiva, non presente nel testo originale: “(ndr “, della sua carriera nella musica se ne parlerà in futuro”)”, come se fossero stati presenti graficamente i puntini di sospensione al termine della frase. Nel terzo caso, rendo il termine “letter” come “firing letter”, dato il contesto della frase. Ci sono altri casi in cui mi dilungo, non volendoli enumerare tutti, utilizzando un numero di parole maggiore rispetto a quello adoperato in inglese da Bosford per esprimere lo stesso concetto. Si pensi ai discorsi sulle “dimensioni” dello spazio, raffrontate a quelle del mare, o le altre sulla crescita interiore e l’esperienza di vita. Per quanto riguarda i riferimenti calcistici: quello finale, cui allude Ute, attiene chiaramente al Campionato europeo di calcio per Nazionali maggiori, disputatosi in Francia nel giugno dell’anno dell’intervista; mentre quello precedente, fatto da Elio e risalente al 1982, è sbagliato: l’Italia disputò e vinse il Campionato del Mondo per Nazionali Maggiori 1982, in Spagna, a luglio, un mese prima della vittoria di de Angelis in Austria.


THE YOUNG MAN IS STILL ONLY TWENTY-SIX, BUT DALLAS WAS HIS 81ST GRAND PRIX, MORE THAN ROSBERG OR PROST. HE STARTED HIS F1 LIFE AS THE SON OF A RICH FATHER, ACQUIRED A REPUTATION AS A DILETTANTE; STUCK TO HIS GUNS AND THIS SEASON LIES THIRD IN THE CHAMPIONSHIP IN A HIGHLY COMPETITIVE LOTUS. COMPETITIVE AND RELIABLE, FOR ELIO HAS FINISHED EVERY RACE BUT ONE IN THE POINTS. THE MAN HIMSELF REMAINS PRIVATE, PATRICIAN, ROMAN IN SHORT.

____________________ by Keith Bosford ___________________

We are in the mall of Loew’s Anatole the day before the 1984 Dallas Grand Prix. Elio has to get to bed early to rise the morrow at 5.30 to get to warm-up. He needs his eight hours. The next day he will drive cooly and intelligently – against the grain of his car which is misfiring and his rubber which is gone – to finish third. On the eve of a race it’s not about that a driver wishes to talk. These are among his few private moments: sometimes, not always, drivers like to talk for it articulates their feelings.
We begin on America, because that is where we are, in Dallas heartland; and Elio’s not happy here. “Americans are so different from Europeans,” he begins. “I used to like it more here,” he continues; “but I was myself different in those days. But now I see that there is a culture gap between Europe and America that you really can’t ever bridge.” Of course, he agrees that his profession is a barrier. It’s hardly bridgetime at the track. “I know it’s a superficial judgement, but I couldn’t really live here. But one thing I do like is that in America you can live your own life, you can create it yourself.” Drivers, we agree, don’t lead real lives. “I go to a place to drive,” says Elio. “That distorts life.”

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Alcuni passaggi tratti dall’intervista, intitolata “Lunch with … Peter Warr” pubblicata dalla rivista “MotorSport”, n. Luglio 2009

Peter Warr racconta alcuni episodi attinenti alla sua seconda esperienza in Lotus, avvenuta negli anni Ottanta. I passaggi dell’intervista in oggetto riguardano specificamente alcune considerazioni sui piloti Elio de Angelis, Nigel Mansell e Ayrton Senna. In particolare, l’articolo riguarda massimamente Senna e copre un periodo temporale successivo al 1986, ma è utile a contestualizzare l’evolversi delle dinamiche nell’ambiente Lotus dal 1985 in poi. Si riporta il testo originale in inglese, cui segue, per blocchi, una traduzione in lingua italiana a cura del sito.

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“(No) lunch with … Keke Rosberg” – da ‘Motorsport’ – Agosto 2008. Alcuni passaggi.

[omissis]

Then Austria, when Keke and Elio de Angelis crossed the finish line side by side. The Lotus won by the official margin of 0.05sec. “If I had a best mate in F1, it was Elio. I’ve often wondered if I would have behaved differently going into that last corner in Austria if it had been anyone else but Elio. It was a very fast corner, and Elio did a good job of blocking the inside. I could have tried the outside, but I could have ended in the wall. It was his first win, and I knew mine would come.” It came 14 days later, at Dijon, when he beat Alain Prost’s Renault turbo by 4sec. Now he led the table, and in the final round at Las Vegas his fifth place clinched it. In 1981 he’d scored not a single championship point, and five times he hadn’t even qualified. In 1982 he was World Champion.

Fu la volta del gran premio austriaco, ove Rosberg e de Angelis furono protagonisti del testa a testa fino al traguardo. Vinse la Lotus, e il distacco, cronometrato ufficialmente, decretò che a separare le due monoposto alla linea del traguardo fu un margine di soli cinque centesimi di secondo. “Il migliore collega incontrato in Formula Uno fu, di sicuro, Elio. Mi sono sempre chiesto che cosa sarebbe potuto accadere se al posto di Elio ci fosse stato qualcun altro. Probabilmente, mi sarei comportato in maniera differente nell’affrontare l’ultima curva di quel gran premio, una piega del tracciato molto veloce. Elio ebbe la sensata idea di bloccare l’interno e salvaguardarsi da un mio attacco. Avrei potuto tentare all’esterno, tuttavia ci sarebbe stata l’eventualità di trovarsi di fronte il muretto al posto dell’asfalto della pista. Fu la sua prima vittoria. Io, d’altro canto, sentivo che per la mia i tempi fossero maturi. La aspettavo da un momento all’altro. Continua a leggere “(No) lunch with … Keke Rosberg” – da ‘Motorsport’ – Agosto 2008. Alcuni passaggi.

“Se la Lotus mi assiste, il titolo è mio” — Autosprint Poster Story 1983 – Parte II

Chi merita di prendersi delle rivincite nel 1984?

“Quelli che l’anno scorso pilotavano vetture col Cosworth. Nel mio caso non si tratterà di rivincite, perché io debbo ancora ricevere qualcosa. Nella vita, in ultima analisi, tutto si bilancia. Un altro che ha dato molto e ricevuto poco è Riccardo”.

Perchè Alboreto alla Ferrari e non De Angelis?

“Lui ha saputo mettere a frutto l’esperienza degli altri piloti che hanno cercato di entrare alla Ferrari. Io non ci ho mai provato: quando fui inserito nei programmi della squadra di Maranello ero giovanissimo. Non ho mai pensato di pilotare la Ferrari. L’eventualità non si è mai presentata. Debbo dire che Michele ci ha saputo fare dal punto di vista diplomatico ed ha raccolto quanto ha seminato”.

La scuola romana è più forte di quella lombarda in Formula Uno?

“Forse è più forte la lombarda dei Giacomelli, degli Alboreto, dei Fabi, se si considerano i risultati”.

Alboreto ha dichiarato che per un buon punteggio senza acuti nel mondiale ’84 non sacrificherebbe una vittoria in un gran premio. La pensi così anche tu?

“Io credo di vincere il campionato del mondo”.

De Angelis è più o meno popolare di Patrese, Alboreto, De Cesaris?

“E’ allo stesso grado di popolarità”.

Piloti di Formula Uno si nasce?

“Si nasce e ci si costruisce per diventarlo”.

Che cosa si deve fare?

“Occore fare una scelta a 14 anni. Invece del motorino, bisogna comperare il go-kart. Bisogna rinunciare alla prima ragazzina perché non la si può portare in pista”.

E alla seconda?

“Alla seconda no. Però è una vita di sacrifici. La gente spesso non sa che la nostra è una vita difficile, una vita stressante. Un uomo che vuol fare carriera, ad esempio un imprenditore, ha vent’anni a disposizione per mostrare agli altri ciò che sa fare. Noi no, solo quattro o cinque. Dieci quando va benissimo. Quindi è tutto molto più accellerato. Si invecchia in fretta”.

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1979 – L’anticamera della F1 – La sessione dei primi collaudi con la Lotus, raccontata da Mansell

Contributo di “tigre” di f1community.net

“Quando i soccorsi vennero a salvarmi, io ero in agonia, la mia schiena mi stava uccidendo e, sebbene, fossi sollevato dal fatto che il mio precedente infortunio alla schiena non si fosse aggravato, ero preoccupato che potesse essere accaduto qualcosa di grave. I raggi X decretarono che mi ero rotto due vertebre e i medici mi dissero che ero stato fortunato a non essere rimasto paralizzato. Era doloroso ma ben presto cercai di lasciare l’ospedale. I medici mi prescrissero alcuni antidolorifici che io non presi perché volevo rimettermi in salute al più presto così da potermi allenare più celermente possibile per poter essere di nuovo in pista in una manciata di giorni.

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“L’inizio di un’ amicizia” – Mansell parla di Peter Warr e di Elio De Angelis

Contributo di “Tigre” f1community.net

Un aneddoto raccontato da Mansell nella sua autobiografia sulla stagione 1985 di de Angelis alla Lotus; il rapporto non idilliaco con Peter Warr, così viene descritto da Nigel.

Peter Warr ha lavorato per anni sotto la supervisione di Colin Chapman in Lotus. Dopo una parentesi lavorativa alla scuderia Wolf verso la fine degli anni Settanta, torna in Lotus e alla morte di Chapman ricoprì più ruoli non avendo, però, l’autorevolezza ed il carisma per farlo.

Qui di seguito, un passo dell’autobiografia del campione inglese, in cui lo stesso Mansell parla a denti stretti dell’ingombrante figura di Peter Warr, questi ritenuto la causa principale dei suoi insuccessi in Lotus. Le vicende vissute nel millenovecentoottantacinque avvicinano Elio e Nigel nei loro rapporti personali, toccando, delle volte, vette di stima amicizia. Continua a leggere “L’inizio di un’ amicizia” – Mansell parla di Peter Warr e di Elio De Angelis